All’interno del progetto Diva sono stati individuati diversi strumenti per far accedere le aziende a un pensiero creativo e generativo sulle possibilità di business. L’idea alla base di tutti gli strumenti selezionati è quella di aprire i processi interni dell’azienda a una processo partecipativo complesso che possa produrre risultati che escono dalla routine. Vi presentiamo qui una selezione dei DIVA tools utilizzati all’interno di alcuni dei progetti pilota di DIVA.

 

Living labs

La metodologia dei Living Labs è stata utilizzata dalla RAFVG nell’ambito di ChIMERA, un progetto finanziato dal programma Interreg MED volto a promuovere l’innovazione delle ICC a livello europeo attraverso lo sviluppo di cluster transnazionali, reti europee e sinergie territoriali tra imprese, centri di ricerca, autorità pubbliche e società civile.

I Living Labs (LLs) appaiono come ecosistemi di innovazione aperti e incentrati sull’utente, basati su un approccio sistematico di co-creazione dell’utente, integrando i processi di ricerca e innovazione in comunità e contesti reali. 

I laboratori sono sia organizzazioni orientate alla pratica, che facilitano e promuovono l’innovazione aperta e collaborativa, sia ambienti o arene di vita reale, dove l’innovazione aperta e i processi di innovazione degli utenti vengono studiati e sottoposti a esperimenti al fine di sviluppare nuove soluzioni. 

I LLs operano fondamentalmente come intermediari tra cittadini, organizzazioni di ricerca, aziende, città e regioni per la co-creazione di valore comune, la prototipazione rapida o la validazione per scalare l’innovazione e le imprese. La maggior parte dei LLs presentano elementi comuni, ma molteplici implementazioni diverse. Durante il loro sviluppo, il leader della comunità LL identificherà l’elemento da utilizzare nelle diverse fasi.

I LLs si compongono di 3 principali fasi: la prima di analisi preliminare in cui si identificano i bisogni e lo stato dell’arte delle aziende. Un momento in cui i partecipanti hanno la possibilità di entrare in contatto tra loro e con l’ente organizzatore per focalizzare meglio i servizi da implementare in futuro; la seconda di tipo laboratoriale, che ha l’obiettivo Il workshop di trasformare, attraverso un approccio di co-creazione, le idee e i bisogni identificati durante la prima fase in proposte concrete e in servizi utilizzabili dai possibili utenti. I risultati di questa fase vengono di solito utilizzati per dare forma a un prototipo dei servizi che saranno offerti dall’azienda; la terza e ultima fase che comprende un momento di ampio dialogo tra gli esperti esterni e il partner locale del progetto, volto a identificare la migliore combinazione possibile di servizi, finalizzata a soddisfare adeguatamente i bisogni locali. 

Scopo/campo di impiego

L’obiettivo principale è quello di identificare i principali servizi che le PMI forniranno in futuro.

Nell’esempio del progetto ChIMERA le principali attività sono state sviluppate con un approccio di design thinking con il coordinamento di esperti esterni e sono state suddivise in 3 fasi: “Bootcamp: progettazione e concept design”; “Design Workshop: Ciclo di progettazione del prototipo”; “Campo di innovazione: Ciclo di progettazione dell’innovazione”.

 

 

 

 

LEGO serious play

La metodologia Lego serious play nasce da un’intuizione del Gruppo LEGO®, il cui metodo è ideato per risolvere problemi complessi nel settore aziendale, ma anche per coinvolgere tutti i membri del gruppo nella discussione, nonostante le diverse personalità delle persone e la loro posizione all’interno delle aziende. L’approccio si basa sulla ricerca che l’apprendimento manuale produce una comprensione più profonda del problema. Infatti, attraverso l’uso dei mattoncini Lego si pensa con le mani, dando la possibilità di esprimere il proprio punto di vista attraverso la costruzione di un oggetto. In questo modo il pensiero arriva dopo che le mani hanno già iniziato a costruire qualcosa e il processo creativo risulta amplificato e più incisivo.

 

Mediante un workshop, svolto dalle 4 alle 8 ore, la metodologia LEGO Serious Play offre ai partecipanti l’opportunità unica di condividere problematiche e idee legati alla propria azienda. Ogni partecipante, guidato da un facilitatore che assegna una serie di sfide basate sugli obiettivi del laboratorio, impara a riflettere costruendo modelli con i famosi mattoncini LEGO®. 

L’obiettivo è quello di condividere e superare le sfide poste assieme, rispettando le diverse esperienze e punti di vista, tutti utili per approfondire le proprie riflessioni e per prendere consapevolezza che non esiste una soluzione esatta e univoca.

 

Questo metodo prevede tre principali ruoli chiave nello svolgimento del ‘gioco’:
1. Il facilitatore, colui che definisce gli obiettivi insieme allo sponsor e guida i partecipanti attraverso la metodologia durante tutto il workshop, fissando i tempi di svolgimento. Inoltre, pone domande ai partecipanti per tenere sempre a mente gli obiettivi;

  1. Lo sponsor, colui che traccia i problemi aziendali da risolvere e spesso, insieme al facilitatore, definisce i vari obiettivi del workshop;
  2. I partecipanti, coloro che devono risolvere i problemi posti dal facilitatore rispondendo alle sue domande, costruendo modelli LEGO e condividendo i loro pensieri.

Scopo/campo di impiego
Serve a costruire la propria identità aziendale, creare una strategia per il team e ideare percorsi idonei alle esigenze delle aziende

 

Business Model and Value Proposition Canvas

Il Business Model Canvas e il Value Proposition Canvas sono due strumenti strategici di Business Design che utilizzano il linguaggio visuale per creare e sviluppare modelli di business innovativi ad alto valore o documentare quelli già esistenti. In particolare, il Value Proposition Canvas può aiutare a garantire che un prodotto o un servizio sia posizionato intorno a ciò che il cliente apprezza e ha bisogno, cioè che ci sia un adattamento tra il prodotto e il mercato.

Entrambi gli strumenti sono incentrati sulla produzione e la visualizzazione visiva dei valori aziendali da trasmettere ai clienti.

Scopo/campo di impiego

L’impego di questi strumenti permette agli imprenditori che stanno progettando o implementando il loro modello di business di:

  • progettare un modello di business o aggiungere nuovi elementi a uno esistente in modo tale da implementare il valore dell’impresa;
  • sviluppare un modello business completo;
  • orientare e raffinare la produzione aziendale su prodotti e servizi sulla base dei desideri dei clienti. In questo caso è necessario svolgere un attenta profilazione dei clienti e ottenere il loro feedback sull’eventuale proposta di valore.

 

A chi si rivolge

Piccole e medie imprese (PMI) e Industrie creative e culturali (ICC)

 

 

Artistic interventions in organizations and residence

L’Artistic interventions in organizations and residence è una strategia a breve termine in cui artisti e aziende collaborano sinergicamente con lo scopo di raggiungere obiettivi in campo manageriale e migliorare le prestazioni aziendali attraverso pratiche artistiche sperimentali. 

La collaborazione di pochi giorni o qualche mese prevede la presenza di artisti negli spazi aziendali che condividendo il loro punto di vista con il personale e realizzando opere d’arte ispirate dall’esperienza consentono all’azienda di acquisire nuove competenze grazie all’Art thinking e alla sperimentazione artistica.

La collaborazione si svolge ad un alto livello di sperimentazione per entrambi le parti coinvolte e il focus è sul processo di collaborazione, consentendo da un lato agli artisti di esplorare i valori aziendali e analizzare i loro progetti, e dall’altro alle aziende di osservare se stessi, i propri prodotti, la propria missione da un punto di vista esterno.

 

Scopo/campo di impiego

L’obiettivo è sperimentare un nuovo approccio più spontaneo, intuitivo e aperto alla ricerca, allo sviluppo e alla produzione di opere d’arte per applicarlo alla soluzione di problemi aziendali, migliorandone le prestazioni mediatiche.

A chi si rivolge
Artisti (arti dello spettacolo, arti visive, letteratura, musica) o responsabili del settore culturale e creativo/imprenditori, manager e dipendenti

 

 

Smart digital camp

I Digital Camps nascono dall’esperienza dei Creative Camps, ovvero percorsi di incontro tra creativi e imprese, e si basano sulla co-creazione attraverso specifici strumenti di co-progettazione sviluppati tra esperti del settore digitale e quelli di Design Thinking.

Il processo dei Digital Camps avviene da un lato attraverso lo sviluppo di azioni formative collaborative e individuali e, dall’altro, attraverso specifiche “Call for proposal for digital providers”, creando così una reale e concreta opportunità di cooperazione.

 

Scopo/campo di impiego

In tutti i settori le aziende a impianto ‘tradizionale’ stanno affrontando o stanno per affrontare un percorso di trasformazione digitale. Dati i vantaggi associati alla digitalizzazione, ogni azienda deve cogliere le grandi opportunità offerte da questa rivoluzione. Ma cosa significa realmente digitalizzare un’impresa?

La trasformazione digitale consiste in primis nella profonda modifica dell’organizzazione interna aziendale, a partire dai processi e dai flussi informativi, fino ai modelli di business per cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dai nuovi media e canali di comunicazione. Inoltre la digitalizzazione permette una maggiore visibilità dei prodotti o servizi, ampliando notevolmente il panorama dei possibili clienti.

 Gli obiettivi della trasformazione sono:

 – fornire un nuovo metodo di lavoro ed essere in grado di utilizzarlo

 – far parte di una rete di aziende

 – tutoraggio e supporto da parte di esperti

 – raccogliere informazioni per sviluppare nuove idee per identificare metodologie e applicazioni

 – incontrare potenziali partner per la realizzazione dei propri progetti in un contesto protetto e tutelato (aggiunto io)

 

I Digital Camps sono stati già utilizzati dalla Camera di Commercio di Venezia e Rovigo all’interno del progetto Alpine Space Interreg Project – Smart Space nel 2019. 

A chi si rivolge
Piccole e medie imprese (PMI) e Industrie creative e culturali (ICC)

A cosa serve
I Creativity Camp permettono ai partecipanti di prendere confidenza e convinzione che i risultati dei loro studi, le loro intuizioni, la loro creatività possono generare valore per se stessi e per il territorio creando imprese e/o rendendo più competitive quelle esistenti.

 

 

 

6 Thinking hats

Il metodo “Six Thinking Hats”, creato da Edward De Bono, può aiutare le imprese a guardare i problemi da diverse prospettive, ovvero 6 cappelli per pensare, ma una alla volta, per evitare la confusione dovuta a troppi angoli che affollano il vostro pensiero. Questa metodologia è anche una potente tecnica di controllo delle decisioni in situazioni di gruppo, poiché tutti esplorano la situazione da ogni prospettiva allo stesso tempo. Costringe a uscire dal proprio stile di pensiero abituale e a guardare le cose da diverse prospettive, così da ottenere una visione più completa della situazione. Spesso si può arrivare a una soluzione o a un risultato positivo partendo da un punto di vista razionale e positivo, ma può anche essere utile considerare un problema da altre angolazioni.  Ogni “cappello per pensare” rappresenta uno stile di pensiero diverso. 

 

  1. Il cappello bianco si concentra sui dati disponibili. Esaminate le informazioni in possesso, analizzate le tendenze passate si cerca di capire cosa imparare da esse. In questo primo cappello bisogna individuare le lacune nella propria conoscenza e cercare di colmarle o di tenerne conto.
  2. Il cappello rosso guarda ai problemi usando l’intuito, la reazione di pancia e l’emozione. Inoltre, è utile a mettersi nei panni degli altri, immaginando come potrebbero reagire emotivamente in quella data situazione.
  3. Il cappello nero considera gli esiti potenzialmente negativi di una decisione, osservandola con cautela per capire le ragioni per cui potrebbe non funzionare. Questo punto di vista è importante perché evidenzia i punti deboli di un piano/azione, consentendo di eliminarli, modificarli o preparare piani di emergenza per contrastarli. Il cappello nero offre dei veri vantaggi al modello di De Bono, poiché permette di vedere i problemi di un’idea in anticipo e rende le imprese un po’ più preparati ad affrontare le possibili difficoltà future.
  4. Il cappello giallo, invece, aiuta a pensare positivamente. Difatti è il punto di vista ottimista che aiuta a vedere tutti i benefici della decisione e il suo valore. Il pensiero del cappello giallo aiuta ad andare avanti anche quando tutto appare cupo e difficile.
  5. Il cappello verde rappresenta la creatività. Questo punto di vista permette concretamente lo sviluppo di soluzioni creative a un problema e rappresenta un modo di pensare a ruota libera, in cui le idee non si mettono in discussione.
  6. Il cappello blu raffigura il controllo dei processi. Di solito è il cappello indossato dalle persone che presiedono le riunioni. Ad esempio, quando ci si trova in un momento di difficoltà, perché le idee si stanno esaurendo, il cappello blu indirizza l’attività verso il pensiero del cappello verde, al contrario, quando sono necessari piani di emergenza, spingono il partecipante del processo a pensare con il cappello nero.

 

Scopo/campo di impiego

Contribuisce a un lavoro e a un pensiero più produttivi e mirati.

 

 

Art-based programmes and projects

L’art-based programmes e l’art-based project sono di due tipi di iniziative che coinvolgono manager aziendali e artisti in diversi progetti, da un lato attraverso il coinvolgimento degli artisti in una pluralità di business aziendali e dall’altro proponendo un insieme di interventi artisti integrati e coordinati, pianificati e attuati in un periodo di tempo che va solitamente da uno a sei mesi.

 

Queste due metodologie possono essere accorpate in unica soluzione, perché entrambe prevedono l’attuazione di un programma o di un progetto artistico in grado di rispondere a diverse problematiche strategiche aziendali. L’obiettivo di entrambe è quello di avere un impatto significativo sulla capacità di creazione di valore dell’impresa attraverso la realizzazione di diversi risultati del progetto. Il programma e il progetto sono basati sulla creazione di un processo artistico e possono essere adottati per diverse ragioni strategiche e in relazione al processo di gestione di un cambiamento.

Per comprendere meglio questi due metodi, alcuni esempi di progetti basati sulla produzione artistica sono le curatele modulari a lungo termine; il coaching e il mentoring basati su relazioni individuali tra artisti e uomini d’affari per sostenere lo sviluppo di competenze artistiche e capacità professionali; le indagini creative, cioè pezzi d’arte commissionati dall’impresa al fine di far luce su temi chiave o tendenze emergenti; i programmi residenziali in cui gli artisti lavorano all’interno degli spazi di un ente culturale o aziendale.

 

Scopo/campo di impiego

L’obiettivo è realizzare un progetto tangibile o intangibile attraverso la collaborazione di artisti professionisti o di istituzioni artistiche che racconti i valori di un’azienda o ne reinterpreti in modo mirato alcuni prodotti. Di solito si ideano output mirati che potrebbero essere lo sviluppo, l’acquisizione e l’assorbimento di un’opera d’arte concreta o astratta, come un’installazione d’arte, una galleria fotografica o uno spettacolo teatrale, al fine di creare anche flussi di conoscenza tra i processi artistici e i dipendenti di un’impresa. In modo tale, ad esempio, che i dipendenti possano migliorare le proprie capacità lavorative comprendendo e apprezzando i tratti e i fattori che caratterizzano le attività artistiche. I progetti proposti in genere affrontano problemi organizzativi impegnativi. 

 

A chi si rivolge

Artisti (arti dello spettacolo, arti visive, letteratura, musica) o responsabili del settore culturale e creativo/imprenditori, manager e dipendenti

 

 

Elevator pitches

Il pitching è un’opportunità per presentare un’idea di business in un tempo limitato – da pochi secondi a pochi minuti. Brevi presentazioni possono essere usate per sostenere il discorso. 

 

Solitamente il processo di pitching può essere strutturato secondo il modello NABC (Need, Approach, Benefit e Competition) che prevede una sequenza di passaggi obbligati.
Per prima cosa il pitch inizia con una breve introduzione che deve catturare l’interesse del pubblico, successivamente si percorrono mediante una serie di domande i quattro elementi del modello NABC. 

Per ciascuna lettera del modello sono da considerare utili una serie di domande, per esempio, le domande da porre per la lettera N mirano a comprendere efficacemente il possibile cliente. Quindi è utile chiedersi qual è il target di riferimento del prodotto aziendale, quali sono i bisogni del target stesso e come comprendere le sue esigenze.

Per quanto riguarda la lettera A, i quesiti da porsi si riferiscono alle specificità del prodotto/soluzione dell’impresa e aiutano a comprendere come soddisfare al meglio i bisogni dei clienti individuati nei quesiti precedenti.

La penultima lettera, la B, comprende le domande sull’individuazione dei vantaggi del prodotto/soluzione proposto, al fine di capire se quest’ultimo permette effettivamente all’utente di risparmiare tempo o denaro.

Invece nell’ultima lettera del modello, la C, si individuano i probabili concorrenti e si analizzano nello specifico le ragioni che spingerebbero l’utente a scegliere un’azienda concorrente piuttosto che la propria.

Nella fase di svolgimento del pitch è importante concentrarsi sul bisogno e sul valore per gli utenti piuttosto che sulla descrizione della soluzione effettiva 

Nel caso del progetto DIVA, si è tentato di realizzare i pitch dalle industrie culturali e creative da sottoporre a un pubblico di PMI durante un evento dedicato.

 

Scopo/campo di impiego
L’obiettivo principale di un pitch è quello di ottenere nuovi clienti, investitori o stakeholder per sostenere un business. Inoltre è utile per favorire la creazione degli abbinamenti tra le PMI tradizionali e gli operatori delle industrie culturali e creative.